È con grande piacere che pubblichiamo il poema erotico vincitore del concorso Una storia (erotica) per le feste: si tratta di ‘Fantasia di Natale’ di Amar Ti Mara e l’abbiamo scelto per l’atmosfera di gioiosa sensualità che lo pervade e che speriamo accompagni anche le vostre Feste. Grazie a tutti quanti hanno partecipato, siete stati e state molto più numerosi del previsto e ci avete stupito e dilettato con le vostre fantasie. Al prossimo anno!
Notte di Natale. La cena coi parenti
non è andata così male, tutto si è svolto senza intoppi.
Antipasti, primi, secondi e un tris di dolci,
il vino è corso ancor più che a fiumi – socchiudo gli occhi.
Quando li riapro è il momento dei doni:
io distribuisco a tutti i miei pacchettini,
nonni, zietti, cugini e nipotini.
Trafila infinita, non ho badato a spese,
rivolgo a tutti il mio sorriso più cortese.
Mi arriva in cambio un pacco enorme,
una scatola bianca quasi deforme:
è il più grande regalo che abbia mai ricevuto
di un packaging scintillante bianco vestito.
Comincio a scartarlo assai curiosa,
mentre tutto intorno scorre ancora vino a iosa.
Al primo scotch che levo dall’incartamento
sento un “Uh, oh” che è tutto un fomento:
“Uh, oh, uh, uh, oh!”,
i singulti provengono dall’interno della box.
Mi guardo intorno. Nessuno se ne è accorto,
che abbia udito sola questo suono distorto?
Al secondo scotch che levo, lo odo ancor più chiaramente:
è il rumore gutturale di un ansimo gaudente.
Al terzo scotch (che è l’ultimo), tutto si muove:
la scatola si contorce e il coperchio esplode.
Gridato e suadente ne esce un “Siii, siii, siii!”
che mi fa balzare in piedi, sconvolta; così
potente, come da molto lontano,
come venisse dal centro della Terra:
scaturisce con forza e quasi mi atterra.
Mi guardo attorno. Nessuno mi presta attenzione.
Tutti indaffarati coi loro bignè alla cioccolata,
piatto finale della grande abbuffata.
“Chissà che ci sarà dentro”, penso,
e nell’istante medesimo vedo un corpo di donna denso
che inizia ad apparire. Scarpe coi tacchi e calze rosse
la coprono fino a poco sotto le cosce:
le gambe come rami si levano all’aria
e io sto sbigottita per tanta materia
che trasborda da quell’incredibile pacchetto:
ma che mi hanno fatto, uno scherzetto?
“Sicuri che è per me?”, chiedo a gran voce,
mentre la sua pelle bianca emette quasi luce.
Nessuno mi bada, nessuno mi risponde:
e io mi perdo in quelle forme tonde,
le seguo con lo sguardo, le vorrei accarezzare,
sentire se son vere o di marzapane.
(E se anche fosse, come biasimarle?
Mi fanno montare il sangue nelle vene…)
Una voce bassa, allora, sconosciuta
con garbo e divertita così mi invita:
“Ma che fai, la timidona? Guarda che son buona…
non ti va di assaggiarmi un poco, così, per gioco?”.
Ohibò! Assaggiarla? Ma certo che lo voglio,
lo voglio già da un po’,
e poi morderla qui e là e leccarla: sì, mi va!
Mi avvicino con la punta del naso al suo ombelico
e inspiro forte: ah, il profumo proibito!
Sa di crema pasticcera, sa di chantilly…
mi ci butto dentro a quel buchetto lì!
Ma da dove vieni, chi ti ha creata? Deità
immensa, figlia di Abbondanza.
Le mie mani scattano sui fianchi
e mi tuffo con la faccia nella pancia…
Meraviglia! Meraviglia!
Mi avvicino al seno e sa quasi di vaniglia:
le sue tette emergono come pandori
e io ci affondo naso ed occhi, non voglio starne fuori.
Vorrei immergermi, caderci dentro, fare parte
della scatola, rinchiuse insieme per sempre:
vi prego imprigionateci ermeticamente.
Gettate la chiave, dimenticateci in cantina
lasciateci fare quello che la brina
fa del vapore: e precipitare poi cristalline
come scaglie o aghi di piacere
l’una sull’altra, ricoprirci di questa fine farina,
la pellicola di sudore fra il mio e il suo corpo,
le nostre pelli che rimbalzano in un pluri-orgasmo certo,
scivolando e godendo in un amore senza fine,
rinchiuse e dimentiche di tutto il resto.
Presto, presto! Lasciami entrare, fatti toccare:
non ti vedo che fino al decolleté…
Mi lasci immaginare ancora qualcosina:
che i tuoi capezzoli siano due piccoli gelé,
due uvette passe, due frutti canditi
arancioni, rossi e come passiti
sorseggiarli, poi cautamente inebriarsi
ma senza esagerare, senza ubriacarsi.
“Come ti chiami?”, le chiedo allora
col fiato e le parole che mi muoiono in gola.
“Fantàsia è il mio nome e puoi avermi tutta
se chiudi gli occhi ed esprimi un desiderio.
Ma bada: l ‘immaginazione non aspetta
e va presa come il gioco, in modo serio”.
Non ci capisco un’acca ma che importa?
Mi basta averla, anche così, “storta” – in verticale:
sarà un 69 un poco inusuale
con mille altre contorsioni da sperimentare…
Chiudo gli occhi ed esprimo il desiderio: ritrovarmi appesa
su di lei, come una pallina all’albero di Natale.
Aggrappata alla peluria verde abete
che nasconde il frutto suo proibito
colmare il mio ardore, la mia sete
e poi infilando un dito venire inondata,
immersa in tutto il suo calore,
perché in fondo è questo che ricerco
cioè Amore, Amore, Amore… “Amore!” proclamo,
aprendo gli occhi all’improvviso,
l’eccitazione mi sale da dentro e tutta mi agita:
ma mi ritrovo innanzi, oh sorte tragica!,
al posto della mia bella il vuoto, o meglio i visi
della famiglia che mi squadra cima-fondo.
Un istante di silenzio profondo.
E poi tutti, levando i loro calici:
“All’amore!” inneggiano e bevono d’un fiato,
applaudendo al brindisi, al mio augurio inaspettato
che non è nato certo dal mio cuore
ma sgorgava da molto, molto più giù…
Ma dove sei finita tu?, regalo mio incantato,
sogno proibito, amore immaginato,
durato tre minuti e un briciolo di follia:
come sempre, del resto, se si tratta di Fantasia…