Continua la serie di racconti erotici che è cominciata qui. Puoi trovare altre bellissime storie di Inachis Io sul suo sito: www.direfarelamore.it.
2. Ti guiderò
Non so dove siamo, non so cosa vuoi fare. Mi accorgo che non sto respirando per la sorpresa.
E allora, tu parli.
Non sono le parole che mi aspettavo, non cerchi di rassicurare il mio smarrimento e non mi confessi di aver atteso a lungo questo giorno, nemmeno mi colmi di complimenti dicendomi che sono bellissima (sai che odio questi apprezzamenti), né lanci qualche battuta per rompere il ghiaccio. La tua voce è calma, dolce, rassicurante. Il timbro è profondo e caldo.
La cosa che mi sconvolge è che la tua voce assomiglia alla tua scrittura.
– Scendi.
Tutto qui, hai detto solo “scendi”. Ma è un ordine sufficiente a spazzare via la ribellione e a restituirmi la voglia del gioco. Sono un’altalena di emozioni tra desiderio e paura. Ma non c’è tempo per pensare perché sei uscito dall’auto e ora mi stai aprendo la portiera (galante), mi prendi la mano e fai attenzione che non batta la testa nel montante.
Queste piccole attenzioni mi aiutano a non pensare che sono sul bordo di una strada statale con una benda di seta sugli occhi e in compagnia di un uomo sconosciuto.
Ti seguo docile e in una mezza dozzina di passi arriviamo, credo, davanti all’auto, attraverso i sottili spiragli della benda vedo il chiarore dei fari sull’asfalto. Posso anche scorgere le punte delle mie scarpe, nere come i miei capelli, come il vestito.
E come il perizoma sottile che mi hai fatto trovare in un negozio di intimo vicino a casa mia qualche giorno fa. Una sorpresa che era in qualche modo una promessa.
– Toglietelo -, comandi.
E non mi stupisce più che tu stia parlando dello stesso perizoma a cui stavo pensando io, e nemmeno che non ci sia stato bisogno di precisare che cosa dovessi togliere, per te, sulla corsia di emergenza di una statale, nel cerchio luminoso disegnato dai fari.
Semplicemente, come se la benda che toglie a me la vista la oscurasse anche a ogni altro passante, o come se quella benda avesse il potere di velarmi anche la coscienza, faccio scivolare molto lentamente le mani sotto la gonna, la sollevo fino quasi al bacino, infilo le dita sotto l’elastico e abbasso il perizoma lungo le gambe.
Ho gambe lunghe e affusolate. Sono sempre state uno dei miei punti di forza insieme al sedere. Lo so, e so come valorizzarle.
Provo gusto nell’alzare prima un piede poi l’altro, appoggiandomi alla tua spalla che per la prima volta sento, muscolosa e magra, sotto la mia mano. L’aria della sera mi risale sotto la gonna, mi accarezza la pelle.
Sfilo il triangolo nero di raso e lo tengo in mano, porgendolo all’oscurità.
Come se avessi dimenticato un dettaglio, continui.
– Annusalo.
Eseguo e sento nelle narici l’odore della mia eccitazione. Sono dolce e profumata. Sono già pronta per te.
Mi accorgo ora di quanto sono già bagnata. Vorrei essere scopata qui, adesso, sul cofano. Sarei pronta a qualsiasi eccesso. Invece, cambi di nuovo ritmo.
– Così va meglio, dici calmo prendendo il perizoma dalle mie dita.
Se non sbaglio, hai esitato un attimo stringendo la mia mano.
Un camion suona, e poi tira dritto.
La seconda parte del viaggio prosegue in tono decisamente diverso: sei loquace, gentile. Trovi il modo di dirmi quanto sei grato che io abbia accettato la tua proposta, e di come sei contento che finalmente ci possiamo conoscere.
– Anche se, certo, per ora la conoscenza è un po’ unilaterale -, sottolinei appoggiandomi una mano sulla coscia e spingendola con decisione verso l’inguine.
Ho un sussulto e ti assecondo.
Una cosa che mi fa impazzire in un uomo è quando lo vedo cambiare improvvisamente registro: da serio e compassato a eccitato e animale, per esempio. Mi ricorda i temporali estivi che possono arrivare di colpo in una giornata di sole. Tu, in questo, devi essere un maestro.
Ti sento premere sull’acceleratore. Sono spinta indietro e per reazione allungo le gambe. Tu ne approfitti per farmele aprire. Scarti a sinistra, probabilmente per un sorpasso, e sento il bacino sbandare mentre rido eccitata realizzando di avere le cosce spalancate e il sesso completamente offerto.
La tua mano se ne serve con cupidigia: hai appoggiato il palmo sul monte di Venere e con le dita mi allarghi le labbra. Sai bene di trovarmi pronta. Lo sono da quando mi hai fatto spogliare davanti all’auto, lo sono anzi da quando mi hai baciata, e lo ero anche prima, quando ti ho sentito salire a bordo.
Ci sono torture e torture. Per me una tortura molto piacevole è rimandare il più possibile l’orgasmo.
Sono sicura che ricordi il giorno in cui mi hai chiesto di farlo. Avevo la giornata libera. Ero in quella terra di mezzo tra la separazione e l’arrivo di Ettore in cui mi sentivo spesso vuota e di nessuno. Tu, in qualche modo, lo sentivi e anche in quelle situazioni sapevi leggermi dentro. Mi avevi chiesto ti toccarmi, e di mandarti di tanto in tanto una foto di come lo facevo. Il gioco in sé non era nuovo per noi. Ne ero anzi quasi annoiata, perché il sesso virtuale può creare eccitazione ma alla lunga è come una torta troppo dolce, sazia subito e poi dà nausea.
“C’è però una clausola”, avevi scritto. “Dovrai chiedermi il permesso, se vorrai godere”.
Incuriosita, dopo una ventina di minuti ti avevo risposto “Non ce la faccio più, posso venire?”. Ovviamente mi aspettavo un tuo rifiuto, che puntualmente era arrivato: “Continua a toccarti, ma non venire”.
Quello che non avevo previsto, era che quel consenso me lo avresti negato per mezza giornata. E con grande abilità lo facevi desiderare sempre di più, dandomi compiti da svolgere, inviandomi foto erotiche da guardare (sono una visiva, e temo che sia anche per questo che oggi sadicamente mi hai bendata), coltivando la mia eccitazione con cura e passione.
Quando finalmente, a pomeriggio inoltrato, mi avevi semplicemente scritto: “Vieni, ora. Godi per me”, l’orgasmo era stata una liberazione tanto più apprezzata quanto più attesa.
Solo in quel momento avevo guardato l’ora: erano le 15:59 e tra sessanta secondi sarei dovuta uscire per un appuntamento dal medico.
Il tempo era volato e avevi saputo trasformare un gioco che avrebbe potuto essere anche molto noioso in un crescendo di emozioni. Avevo dovuto rivestirmi di corsa e lasciare la casa in completo disordine: le coperte affastellate ai piedi del letto, diverse macchie di bagnato sul lenzuolo, un tubetto di gel lubrificante e il mio piccolo vibratore ancora unto sul comodino. Il pavimento era costellato di biancheria intima (mi avevi fatto cambiare più volte) e alcune piccole gocce chiare sul parquet davanti allo specchio grande erano il ricordo di quando mi avevi chiesto di guardarmi negli occhi mentre mi toccavo. In cucina avevo abbandonato lo stampo dei ghiaccioli, ormai sciolti, una bottiglia di vino bianco e una forchetta. I cuscini del divano sembravano esplosi in un’eruzione e il bracciolo portava le tracce dell’uso poco ortodosso che mi avevi chiesto di farne.
Camminando velocemente sul marciapiede, sentivo il sesso gonfio sfregare fastidiosamente sulle mutande. Avrei avuto sicuramente davanti a me diversi giorni di riposo sessuale, ma non potevo non sorridere pensando a quante altre volte, con il mio ragazzo di turno o con un amante improvvisato, il sesso era durato molto meno ed era stato molto più noioso.
Altre volte, invece, la tortura è l’esatto contrario: non potersi astenere dal piacere, privandosi del lusso di farlo crescere lentamente ed essendo costretti ad arrendersi a un orgasmo precoce e ineludibile. Questo sembra essere il supplizio a cui vuoi sottopormi ora, mentre continui il tuo viaggio misterioso con me (verso meta ignota) e in me (verso meta ben nota).
– Godi. Devo sapere come sei quando godi.
È più una constatazione che un ordine, visto che mentre lo dici con il tono di esigere un tuo pacifico diritto, spingi le dita ricurve contro la parete della vagina a ricongiungerle idealmente con il tuo palmo che adesso mi sta sollecitando il clitoride. È un orgasmo interno, caldo, bagnato e ingovernabile. È l’orgasmo imposto da un uomo esperto e deciso, e segna definitivamente la mia resa a te.
Urlo, sovrastando il motore e la musica dell’autoradio che avevo preparato apposta e che ora mi sembra così stupida in confronto all’emozione data dal gemito di gola di una donna che gode. Mi apro e mi spingo tutta in avanti, la mia schiena è un arco, il bacino sembra voler prendere il volo. Le gambe tremano inarrestabili e il respiro è quello di un centometrista che ha appena tagliato il traguardo.
E poi, altrettanto inarrestabile, comincio a ridere.
Ho l’orgasmo felice, cristallino, il piacere mi fa sentire leggera e serena.
Ridi anche tu.
Sembriamo ora due fidanzati in vacanza.
A parte il fatto che io sono quasi nuda e bendata, ovviamente.
E non so cosa mi farai.
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