Tommi si era incamminato a grandi passi verso il pub del paese.
Era venerdì, un’altra settimana si era appena conclusa e lui aveva ancora addosso la tuta da lavoro. Sarebbe passato a casa a farsi la doccia (ne aveva bisogno!) e a prepararsi per la serata. Appeso alla maniglia dell’armadio c’era il travestimento che aveva comprato su internet già da una settimana: aveva avuto paura che non arrivasse in tempo e l’aveva ordinato con largo anticipo.
Ma adesso aveva voglia solo di una birra e di stare un po’ al caldo dopo le ore passate negli stanzoni gelidi dell’officina. Non era ancora novembre, ma da quelle parti l’inverno arrivava presto.
Era entrato nel pub e si era avvicinato al bancone. E l’aveva notata subito. Lì in paese si conoscevano tutti e lei non era certo del posto, ma nemmeno di un posto vicino.
Sedeva al bancone e a Tommi era venuta subito in mente la signora che aveva conosciuto quell’estate. C’era stato un matrimonio elegante nella chiesetta del paese e la signora era rimasta in panne a due chilometri dal traguardo. Tommi era stato spedito a soccorrerla e la signora, quando l’aveva visto, non ci aveva messo molto a fargli capire che non era un problema se arrivava un po’ in ritardo alla cerimonia. Che tanto i matrimoni sono tutti uguali.
Era la prima signora di classe con cui andava e Tommi ricordava ancora il profumo inebriante della sua pelle e i gridolini strozzati di piacere a cui lui, cresciuto in paese, non era abituato. Le ragazze di lì erano un po’ meno controllate ed erano decisamente più esplicite quando le faceva godere.
Tommi le aveva conosciute un po’ tutte ormai, era un bel tipo e lo sapeva. Aveva ricominciato a fare il giro, aveva un paio di amanti fisse e ogni tanto andava in escursione nei paesi vicini. Ma gli andava bene così: era giovane e non aveva nessuna fretta di accasarsi. E quando lo avrebbe fatto, sarebbe stato con Rossana (che era una delle sue amanti fisse), già lo sapeva. Lei era la più bella del paese ed era solo normale che finissero insieme e facessero tanti figli, tutti belli come loro. Ma c’era tempo per quello.
Ecco, lei era un po’ come quella signora di quest’estate. Aveva quell’aria raffinata e di città, quell’aria di non appartenere a quel posto. A nessun posto, a ben guardare.
Sedeva al bancone, estranea eppure perfettamente a suo agio. C’era una birra davanti a lei che non aveva toccato e che doveva essere lì da un po’ perché le gocce che si erano formate sulla superficie del bicchiere erano tutte rotolate giù e si era creato un piccolo cerchio alla base del boccale.
Tommi si era appoggiato al bancone con le braccia incrociate e si era proteso verso Charlie, il proprietario del bar, che stava asciugando dei bicchieri in un angolo. Si era portato un indice al cappello, in segno scherzoso di saluto.
‘Oh Tommi!’ Era stata la risposta di Charlie che si era affrettato a versargli la solita birra.
Tommi aveva bevuto un sorso, si era tolto il cappello e passato una mano grande tra i ricci biondi e arruffati. E finalmente si era girato verso di lei.
‘Buonasera.’ Aveva detto giocoso, la sua estraneità non lo intimidiva, al contrario, lo incuriosiva. Fossero stati in un altro posto, magari, avrebbe potuto sentirsi in soggezione, ma non lì, in quel pub dove veniva fin da bambino, dove tutti lo conoscevano, dove l’estranea era lei.
Lei si era girata e lui era rimasto di sasso, che non era una cosa che gli succedeva spesso.
Al contrario, era uno abbastanza difficile da spiazzare, soprattutto con le donne. Neanche la signora di quest’estate l’aveva spiazzato quando, mentre riemergeva da sotto la macchina sdraiato sul carrellino, si era trovato lei con la gonna alzata quel tanto che bastava per fargli apprezzare il fatto che, sotto quel vestito sicuramente costoso, non indossava biancheria di alcuna sorta.
Nossignori lui non si era scomposto. Si era pulito con cura le mani unte di grasso del motore con le salviettine umide che portava sempre con sé, l’aveva guidata dall’altra parte della macchina, sul lato che non affacciava sulla strada, aveva aperto lo sportello e l’aveva spinta, senza troppe cerimonie, sul sedile posteriore. Poi le aveva alzato la gonna e si era dato da fare lì dove, con poca sottigliezza, la signora gli aveva fatto capire che poteva darsi da fare.
Questa ragazza aveva avuto uno scatto quasi felino nel girarsi e gli aveva piantato addosso due occhi neri, che così neri lui non li aveva ancora mai visti. Era stato un attimo, ma per un istante aveva sentito un brivido di terrore attraversarlo. Un brivido che poi era finito ad annidarsi dritto dritto nel suo sesso, a risvegliare il suo istinto predatore, la sua libido di maschio.
Lei non aveva risposto al suo saluto ma lo aveva fissato con un’intensità sconcertante che, a un certo punto, lo aveva fatto arrossire.
‘Non la beve?’ Aveva finalmente domandato, indicando la birra intatta (lei aveva la carnagione più bianca che si potesse immaginare, pensava intanto).
‘No.’ Aveva risposto lei, in maniera diretta ma non scostante. E quel suo modo di fare così semplice l’aveva spiazzato, gli era sembrato stupido aggiungere altro, di fondo non erano fatti suoi se lei beveva o meno la birra che aveva ordinato.
Nel suo angolo, Charlie aveva fatto un sorriso allo straccio con cui asciugava l’ennesimo bicchiere e Tommi si era sentito sconfitto. Ricevere un due di picche da una donna non era da lui, riceverlo davanti a Charlie era come riceverlo davanti a tutto il paese. E questo era ancora meno da lui.
Si era chiuso nelle spalle e concentrato sulla sua birra. Lei non faceva nulla, non beveva, non controllava il telefono, non leggeva, non parlava. Eppure non sembrava a disagio anche se nessuno dei due uomini presenti la perdeva d’occhio.
Tommi aveva finito presto il bicchiere e deciso immediatamente di prenderne un altro, doveva assolutamente sbloccare la situazione ed era sicuro che un po’ di alcol gli avrebbe dato coraggio.
Aveva approfittato del fatto che Charlie si trovasse nell’angolo più lontano del bancone per avvicinarsi un po’ più a lei. Era curioso di sentire il suo odore, chissà se tutte le donne di città profumavano allo stesso modo. Chissà se anche lei era come la signora di quest’estate, che si era alzata la gonna per fargli vedere che sotto non aveva niente.
Ma questa donna era diversa. Forse non aveva messo il profumo o forse lui non era abbastanza vicino, ma in effetti non emanava nessun odore. E, ora che ci faceva caso, non aveva la gonna, indossava un paio di jeans neri e un maglione pesante, sempre nero.
Mentre Charlie gli riempiva il secondo boccale, lei si era alzata con un movimento armonioso e si era diretta verso il bagno, lasciando una scia di aria fresca dietro di sé.
Gli era passata accanto e Tommi aveva sentito un’emozione acuta, come una mano fredda stringergli il cuore e interromperne i battiti per un attimo. Si era girato per vederla scomparire nella porta del bagno degli uomini, non c’era ombra di dubbio, conosceva troppo bene quel locale per potersi sbagliare.
Aveva rivolto un’occhiata interrogativa a Charlie, mentre si sentiva di nuovo le guance imporporare (ed era una cosa che non gli succedeva mai e che stasera gli succedeva per la seconda volta).
Si erano scambiati un mezzo sorriso, Charlie gli aveva fatto un cenno come a dire ‘Vai, vai!’, e anche a lui quello che a ben guardare poteva essere anche un semplice errore, era sembrato un inequivocabile invito a peccare.
Si era passato di nuovo una mano nervosa tra i capelli, si era sistemato una bretella della salopette e l’aveva seguita dentro il bagno.
Lei era lì, nell’antibagno che precedeva la toilette, e lui era stato contento di notare che non si era stupita vedendolo arrivare. Era davanti allo specchio che si trovava sopra il lavandino e, quando lui era entrato, si era girata verso di lui e, come se fosse la cosa più naturale del mondo, aveva allungato le mani verso il suo collo per attirarlo a sé e lo aveva baciato.
Era stato uno dei momenti più strani che avesse vissuto. Le labbra e tutta la bocca della sconosciuta erano fredde e scivolose e in una frazione di secondo Tommi aveva pensato che quella sensazione doveva essere simile a quella che si provava a baciare un serpente. Si era discostato da lei, quasi con repulsione e si era perso nell’abisso dei suoi occhi neri. E la sua repulsione era finita lì: era troppo perfettamente bella per poter essere meno che attraente, nel vero senso del termine. In un istante si era ritrovato di nuovo avviluppato tra le sue braccia.
Tommi si era sempre considerato un maschio vero, uno di quelli che a letto sanno cosa vogliono e come trattare una donna, ma questa volta si era sentito completamente in balia della sconosciuta. Che in men che non si dica lo aveva imprigionato tra le sue gambe ed era risalita lungo il suo corpo, usandolo come un palo, fino ad arrivare a sedersi sul lavandino.
Allora Tommi, con le mani scosse dai brividi che quel contatto gli provocava, si era adoperato per slacciarle i jeans e abbassarglieli e scoprire la sua pelle candida, il suo sesso scuro.
E ancora, mentre faceva scivolare le dita sull’alabastro della sua carne, l’aveva colpito quella consistenza vellutata e quasi viscida del suo corpo, e l’aveva osservata come se si aspettasse di vedere comparire delle squame sulle sue gambe, sul ventre che aveva scoperto sollevandole il maglione.
Anche lei si dava da fare e con pochi gesti aveva denudato la sua erezione che aveva resistito al tocco gelido delle sue dita, e lo aveva guidato dentro di sé. E il suo corpo era strano anche lì. L’aveva accolto dentro di sé, ma Tommi poteva percepire che non c’erano umori a manifestare la sua eccitazione e tuttavia il suo sesso era scivolato senza problemi dentro di lei e, ancora una volta, si era sentito risucchiare, mentre un piacere strano montava dentro di lui, come un lago di acque nere che gli ottenebrava i sensi.
Tommi aveva affondato le sue dita grandi, le sue dita da lavoratore con le unghie ancora sporche di grasso, dentro i capelli corvini della donna e si era guardato allo specchio mentre i suoi occhi si chiudevano in due fessure poco prima di raggiungere il culmine. Era stato allora che l’aveva vista chinarsi sul suo collo e aveva percepito quel dolore, improvviso e acuto, che si era perso subito, annegato nel piacere immenso dell’orgasmo.
Mentre lui era ancora scosso dagli spasmi di un godimento inedito, la straniera era scivolata fuori dal suo abbraccio e, un attimo dopo, fuori dalla porta. Lui era rimasto ansimante davanti allo specchio, con i pantaloni alle caviglie, il sesso ancora pulsante di piacere fuori dai boxer e le mani appoggiate al lavandino. Poi aveva sollevato lentamente lo sguardo verso lo specchio e li aveva visti: piccoli, rossi, inequivocabili, i segni del morso sul collo.
Il sangue aveva abbandonato il suo viso mentre con mani incerte si tirava su i pantaloni, si infilava alla rinfusa il maglione dentro la salopette. Si era precipitato fuori dal bagno, per ritrovarsi nel pub vuoto, con le bretelle ancora a penzoloni. La sconosciuta non c’era più e Charlie era al solito angolo con il solito straccio in mano.
Aveva alzato gli occhi su di lui vedendolo uscire così sconvolto dal bagno:
‘Dov’è andata?’ Charlie lo aveva fissato stupito.
‘Dov’è andata chi?’
‘Quella donna, quella che era lì.’ Tommi aveva indicato il bancone e si era reso conto che il suo boccale di birra troneggiava solitario sulla superficie liscia.
‘Oh Tommi, ma ti sei bevuto il cervello?’ Aveva risposto Charlie dopo un attimo. Aveva preso in mano il telecomando e acceso la televisione.
Tommi si era lentamente portato una mano al collo e aveva sentito, con un misto di sollievo e delusione, che la pelle era intatta.