Due storie brevi, due situazioni in cui il sesso orale sarebbe l’ultima cosa che ti aspetteresti. E invece…
Racconto erotico breve – Al telefono
Quando aveva sentito il saluto un po’ forzato ‘Ehi, Silvia, CIAO!’ si era alzato dal divano senza riuscire a mascherare l’irritazione. Silvia era nota a tutti, nel circolo degli amici, per la sua logorrea infinita, e il fatto che fosse reduce da una separazione particolarmente crudele aveva reso le cose ancora più complicate. Che insomma, non è che di sabato pomeriggio potevi dirle ‘Scusa Silvia, sai ho da fare.’ Cioè, potevi anche, ma Simona non l’avrebbe mai fatto.
Era andato in cucina a prepararsi un frullato. Aveva sbucciato la frutta, l’aveva tagliata a cubetti piccolissimi, l’aveva mescolata nel mixer prima di attivarlo, aveva fatto tutto con estrema cura e lentezza, ma quando era tornato in salotto, Simona l‘aveva trovata dove l’aveva lasciata: sul divano, con il telefono incastrato tra orecchio e collo e le mani che mettevano in fila i braccialetti al polso. Tanto per fare qualcosa e vincere la noia.
Aveva alzato un paio di occhi esasperati su di lui, mentre ripeteva mugolii di assenso al telefono. L’esasperazione si era trasformata in un sorriso nel trovare la stessa frustrazione, centuplicata, nei suoi occhi. Si erano guardati per un po’, poi l’espressione di Simona era cambiata. Gli aveva fatto un cenno con le mani di avvicinarsi, e quando lui le era stato di fronte, gli aveva slacciato il bottone dei pantaloni e glieli aveva abbassati insieme agli slip. Il suo membro aveva avuto un sussulto di sorpresa. Lei aveva iniziato a muovere le mani su e giù, lungo l’asta, e lui si era inturgidito nel giro di un minuto.
‘Sì, certo che hai ragione.’ Aveva staccato le mani dal suo corpo per impugnare il telefono e si era accostata con il viso al suo sesso. Con una mano se lo era guidato in bocca e aveva iniziato a succhiarlo lentamente. ‘Mhm, mhm’ Ripeteva di tanto in tanto.
Di fondo, Silvia voleva solo essere ascoltata.
Racconto erotico breve – La fotografia
All’inizio doveva essere una cosa romantica. Una di quelle piccole tradizioni degli innamorati che le nuove tecnologie non erano riuscite a scardinare. Si erano infilati dietro la tendina della piccola cabina, avevano regolato l’altezza dello sgabello, ci avevano messo un po’ a capire come funzionava il tutto e avevano dovuto cambiare le banconote e infilarle più volte prima di vederle sparire, inghiottite dalla fessura.
Ma a quel punto era tutto pronto e avevano iniziato a scattare facendo le facce più assurde, lei aveva anche tirato fuori il telefono per fare un selfie nel selfie. Avevano sentito le strisce di immagini cadere nello spazio apposito all’esterno, il rumore dell’aria che le asciugava, lei si era protesa un attimo fuori dalla tenda per prenderle e, quando era tornata dentro, aveva provato quella strana euforia di rifugiarsi in uno spazio piccolo e protetto.
Avevano osservato i loro visi emergere dalla nebbia lattiginosa del fondale, chissà se sarebbero finite tra le pagine di un libro, quelle foto, e se fra qualche anno le avrebbero guardate con nostalgia, o con tenerezza. O con rabbia.
Si erano baciati ancora, questa volta senza nessun secondo fine, senza preoccuparsi dell’inquadratura. Lei lo aveva sentito indurirsi e le era venuta un’idea che, per quanto assurda, le piaceva moltissimo. Si era staccata da lui, gli aveva sbottonato i jeans e aveva fatto scorrere la cerniera. Lui aveva sussultato. ‘Ma cosa…!?’, ma lei lo aveva invitato al silenzio, si era chinata su di lui e lo aveva preso in bocca.
Avrebbe voluto essere in grado di azionare la macchinetta al momento opportuno per immortalare il suo piacere, ma era successo tutto troppo in fretta. Del resto, non era sicura che fosse il genere di foto che puoi tenere tra le pagine di un libro e non sapeva nemmeno con che sentimento l’avrebbe guardata in futuro.
Certi ricordi è meglio affidarli alla memoria.