Un’altra storia che arriva da voi. Una lettrice, questa volta, che ci racconta la sua prima (e unica?) esperienza omosessuale. Se anche tu vuoi mandarci la tua storia, clicca qui.
Mi sono sempre reputata eterosessuale. E così mi considero anche adesso che vivo insieme al mio compagno e alla nostra splendida bambina.
Ma ci sono delle sere in cui mi sento inquieta e il ricordo di quella notte mi torna in mente e mi eccita.
Ho conosciuto Anna a un corso per sommelier. All’epoca essere omosessuali, o bisessuali, non era accettato e liberamente discusso come adesso e non mi ero assolutamente posta il problema delle sue preferenze. Proprio zero. Anna era simpatica, amichevole e per me, che sono sempre stata una tipa timida, era una specie di salvatrice. Siamo diventate amiche e dopo un po’ di incontri mi sono ritrovata a pensare con gioia al momento in cui l’avrei rivista. Faceva l’arredatrice e aveva moltissimo gusto per i vestiti. Non era bella, nel senso comune del termine, ma era decisamente una persona attraente.
I nostri incontri finivano sempre con lunghe chiacchierate un po’ sconnesse per i troppi bicchieri che avevamo bevuto. Lei mi faceva ridere, era una specie di animale onnivoro e mi dava l’impressione che non si sarebbe lasciata sfuggire nessuna occasione per godersi la vita.
L’ultima sera del corso siamo andati tutti fuori a bere. Mi ricordo che c’era un tipo che mi piaceva e Anna mi era sembrata infastidita dalla cosa, tanto che avevo pensato che piacesse anche a lei. Per dire com’ero lontana dall’immaginare la realtà. Succede spesso, vero? Che uno pensa di essere dentro un film e invece stanno proiettando proprio tutt’un’altra storia.
Il tipo era andato via presto, io c’ero rimasta male, ovviamente, e avevo la sensazione che Anna cercasse di consolarmi. Quando siamo rimaste le ultime della compagnia e mi ha chiesto se mi andava di passare a casa sua per un ultimo bicchiere, ho accettato con entusiasmo. Ero molto curiosa di vedere la casa di un’arredatrice e la sua compagnia era piacevole e interessante.
La sua casa mi è piaciuta subito, era un appartamento piccolo ma sistemato benissimo. Ma la cosa che mi piaceva di più era che aveva una personalità molto distinta, la sua.
Non era un anonimo appartamento elegante, stile rivista per intendersi, era proprio particolare. Per dire c’aveva una pianta che cresceva in uno dei due lavandini della cucina, tanto che non lo poteva usare. Non so se fosse pratico, ma era bello da vedere.
Quando siamo entrate mi ha detto di fare come se fossi a casa mia e in effetti mi sentivo molto a mio agio, la seguivo dappertutto, mentre tirava fuori il vino dal frigo, e preparava degli stuzzichini come ci avevano insegnato al corso. Aveva scelto un Vermentino di non so più che annata speciale, poi aveva preso delle piccole ciotoline, in una aveva messo dell’avocado, in un’altra dei pistacchi e in un’altra dello zucchero a velo.
Quando le avevo chiesto il perché si era messa a ridere sorniona e non mi aveva riposto. C’eravamo sedute sul suo divano grande, tolte le scarpe e iniziato a bere e chiacchierare con la solita complicità. Il vino era delizioso e Anna altrettanto. Mi si faceva sempre più vicina ma la cosa non mi infastidiva. La sua vicinanza, al contrario, mi eccitava. Era inebriante come il vino.
Aveva mani bellissime, piene di anelli di design e le muoveva con un’espressività che avevo trovato sempre affascinante, ma che quella sera trovavo seducente.
A un certo punto ha tuffato un indice nella ciotolina con lo zucchero a velo e mi ha dato un colpetto sul naso per sporcarmi con lo zucchero. Ho protestato e ci siamo messe a lottare giocosamente, come due adolescenti a un pigiama party, con lei che mi picchiettava la faccia con il dito e io che cercavo di non farmi raggiungere.
A un certo punto lei mi ha preso per le braccia e me le ha bloccate. Poi, lentissimamente, si è avvicinata alla mia faccia e mi ha leccato via lo zucchero dal naso. Si è staccata da me e mi ha guardata con un’aria di sfida, come un bambino consapevole di aver fatto una piccola marachella, ma insicuro delle conseguenze. Siamo rimaste immobili a fissarci per un po’, poi lei ha staccato le mani dalle mie braccia, ha intinto di nuovo il dito nello zucchero e mi ha toccato sulla guancia.
Non ho protestato questa volta, non ho riso, ma sono rimasta col fiato sospeso ad aspettare le sue mosse. E lei di nuovo, come prima, si è avvicinata con calma al mio viso e mi ha baciata lì dove sentivo la carezza un po’ solleticante dello zucchero.
Poi ha iniziato a ricoprirmi tutte le labbra di zucchero, si è fermata un istante, ‘ti farei una foto’, mi ha detto. E ha iniziato a leccarmi le labbra e io ero così eccitata che non mi sono trattenuta più e ho iniziato a baciarla. E ci siamo baciate a lungo.
Non avevo mai baciato una donna, nemmeno da bambina, nemmeno per scherzo, ma mi piaceva un sacco. Mi piaceva la consistenza vellutata delle sue labbra, mi piaceva il suo abbraccio leggero, mi piaceva sentire il suo corpo morbido contro il mio. Lei mi ha abbracciata stretta, premendo i suoi seni contro i miei, mentre le nostre lingue si mescolavano ai nostri respiri.
E dentro di me mi ripetevo ‘sto baciando una donna!’ e non ci potevo credere, ma l’idea di fare una cosa trasgressiva mi faceva eccitare ancora di più.
Lei mi ha spinto dolcemente per farmi stendere sul divano. Mi ricordo che avevo messo una camicia nera e un paio di jeans. Lei era molto eccitata adesso, mi aveva slacciato tutta la camicia e mi aveva tirato fuori i seni dal reggiseno. Io ero tesa, non sapevo fino a che punto volevo arrivare, non sapevo se lei era omosessuale o se anche per lei era la prima volta, ma da come si muoveva mi sembrava evidente che non lo fosse.
Volevo parlarle, dirle che io non ero come lei, mi sembrava quasi di tradirla, di usarla, ma il piacere che la sua bocca e tutta la situazione mi dava, compresa la mia stessa tensione, mi occupava tutta la mente. L’unica cosa che riuscivo a fare era seguire il percorso delle sue labbra sul mio corpo. E lei non lasciava indietro niente.
Aveva succhiato i lobi delle mie orecchie, mordicchiato il mio collo e le spalle, mi aveva massaggiato e baciato a lungo i seni e ora procedeva inesorabile lungo il mio torace. Era arrivata all’ombelico e io avevo cercato di fermarla, con qualche protesta poco convinta. Lei era tornata su, di fronte al mio viso, mi aveva messo un dito sulle labbra, come a dire shhh, mi aveva detto ‘lasciati andare, non pensare a niente’.
Mi aveva tolto la camicia e aveva scoperto il piccolo tatuaggio che ho sul fianco destro e si era messa a tracciarne i contorni con un dito. E continuava a girarci intorno e passava e ripassava sullo stesso tratto di pelle, come incantata.
E mi sembrava che quella parte del mio corpo prendesse fuoco. Poi mi ha girata e ha iniziato a baciarmi la schiena, vicinissima alla cintura dei jeans. E io mi sentivo irresistibile.
Lei è tornata a baciarmi la pancia, intorno all’ombelico e più giù. Mi ha slacciato i jeans e me li ha fatti scivolare sui fianchi. È rimasta un istante a fissarmi, con le labbra vicinissime al mio corpo, facendomi sentire il calore del suo respiro. Poi mi ha abbassato le mutandine e ha iniziato a leccarmi. E io non resistito, mi sono sollevata sui gomiti e l’ho guardata, ho guardato mentre una donna mi baciava proprio lì, perché quasi non ci credevo che stava succedendo davvero.
E quando ti bacia una donna è proprio tutto diverso, prima di tutto lei è diversa, è più piccola e più delicata di un uomo, ma poi proprio il modo in cui lo fa. O forse era semplicemente lei che era particolarmente seducente. Non so. So solo che mi ha baciata per un tempo infinito e quando sono venuta ha continuato a baciarmi e sono venuta ancora e ancora.
E alla fine non ero più in grado di capire chi ero, figurarsi se potevo sapere se ero omosessuale o eterosessuale.
E ancora adesso, quando sono sola, penso ad Anna e mi domando dove sia e se ogni tanto si ricordi di me.
Voglio pensare di sì.