Mi risveglio in un sabato mattina piovoso. Il rumore dell’acqua mi ha cullato facendomi dormire fino a tardi, molto più tardi del solito e mi sento incredibilmente riposata. La prospettiva di una giornata in casa non mi dispiace, tutt’altro: vengo da una settimana intensa e l’idea di non avere nemmeno la tentazione di uscire mi va a pennello.
Mi preparerò una colazione succulenta, penso mentre accendo la radio e apro il frigo per vedere cosa offre alla mia fantasia. Mi verso un bicchiere di latte, infilo una cialda nella macchina del caffè e mentre l’aroma invade la casa inizio a sbattere insieme uova e farina.
Il rumore improvviso del citofono mi fa sobbalzare, non mi capita spesso di ricevere visite e penso che sia il postino mentre prendo il ricevitore con una mano, cercando di non impolverarlo di farina, e con l’altra continuo a sbattere.
‘Fra ti disturbo? Sono Giulia, mi puoi aprire per favore?’ La voce di Giulia mi arriva gracchiante e in qualche modo urgente.
‘Certo!’ Mi affretto a schiacciare il pulsante. Mi do un’occhiata veloce allo specchio dell’ingresso prima di aprire anche la porta di casa: indosso un paio di pantaloncini morbidi da cui svettano le mie gambe magre e una maglietta che si appende un po’ sulle mie forme androgine, i capelli sono raccolti in una coda scomposta, uno sbaffo di farina mi attraversa una guancia. Il lungo riposo dona al mio viso una rotondità che in genere non ha. Penso che, nonostante tutto, sono presentabile ma quando apro la porta lo spettacolo che mi si presenta mi lascia senza parole.
Giulia è in piedi sul mio zerbino e sembra appena uscita dalla doccia. Solo che la doccia sembra averla fatta con tutti i vestiti addosso. Il giubbotto leggero che indossa e i jeans sono completamente incollati al suo corpo e ne disegnano le forme sensuali che ho sempre ammirato in lei. Il suo caschetto di sottilissimi capelli biondi addirittura gocciola sul mio stuoino.
Mi rivolge un’occhiata implorante
‘Sono uscita senza ombrello e l’ho presa tutta in pieno. Mi sono ricordata che abitavi in zona e ho pensato…’ Non la lascio finire.
‘Ma certo, vieni dentro!’
Ci conosciamo da anni, io e Giulia. Non ci possiamo definire amiche, ma abbiamo molte conoscenze in comune e ci vediamo con una certa regolarità. Non c’è nulla di male nel fatto che lei mi citofoni nel mezzo di un temporale per cercare riparo a casa mia, eppure la sua presenza mi turba. È la prima volta che avviene e non so bene come gestire la situazione.
Lei fa un vago tentativo di pulirsi le scarpe e varca la porta di casa.
‘Ti posso prestare delle cose.’ Dico quando lei si ferma subito oltre la porta, timorosa di andare oltre.
‘Ti puoi fare una doccia…’ Faccio fatica a seguire una logica mentre la osservo scollarsi lentamente il giubbotto e appoggiarlo con cura sopra il portaombrelli. Sotto indossa una semplice maglietta bianca, completamente bagnata, che rivela un reggiseno di pizzo che a sua volta rivela i suoi capezzoli erti. Il mio sguardo cade lì, su quelle sue forme rotonde che tanto invidio e per un po’ sono incapace di spostarlo.
‘Ti porto un asciugamano.’ Dico in fretta, consapevole che il mio imbarazzo si sta trasmettendo anche a lei. Torno dopo un attimo e la trovo senza maglietta. Adesso i suoi capezzoli rosa fanno capolino tra i pizzi del tessuto. Lei mi ringrazia con lo sguardo, si china in avanti a slacciarsi le scarpe e il suo seno oscilla insieme ai suoi movimenti. Sguscia fuori dalle scarpe con un gesto sinuoso e, senza esitare, si slaccia i jeans e inizia a sfilarseli. L’acqua ha raggiunto anche la sua biancheria e, esattamente come il reggiseno, anche i suoi slip sono completamente bagnati e quasi trasparenti. Solleva uno sguardo di scuse su di me e per la prima volta mi sembra di intravedere una punta di malizia nell’occhiata che mi rivolge. Mi rendo conto che sono ferma davanti a lei, con l’asciugamano in mano, e gli occhi incollati su ogni parte del suo corpo, specialmente quelle più intime. Mi riscuoto quasi un po’ offesa, mi sento irretita da lei e non so se voglio esserlo. Cerco di riguadagnare un certo contegno.
‘Ti preparo un caffè?’
‘Grazie.’ Adesso anche lei sembra tornata normale ‘Mi farei volentieri una doccia, se posso.’ Le indico la porta del bagno e spingo un’altra cialda dentro la macchina. Il mio caffè è quasi freddo.
Il rumore della doccia si aggiunge a quello dell’acqua che scroscia fuori. Sono tentata di bussare alla porta del bagno, l’idea del suo corpo nudo dentro la mia doccia mi manda scariche di eccitazione; arrivo fino alla porta ma poi torno indietro e mi do da fare con le frittelle per distrarmi.
Quando la sento uscire dal bagno, non riesco a trattenermi e le vado incontro nel corridoio: la trovo avvolta nell’asciugamano, mi rendo conto che non le ho ancora dato un cambio e mi affretto in camera. Le porto un paio di pantaloni da tuta morbidi e una maglietta, e della biancheria che lei mi restituisce con quel sorriso enigmatico e decisamente malizioso. Mi richiude la porta praticamente in faccia.
Poi, finalmente, la sento uscire dal bagno e mi raggiunge in cucina
‘Wooow!’ Esclama alla vista delle frittelle appena cotte e del caffè caldo nella tazzina. Un sorriso giocoso fa spuntare una fossetta irresistibile sul suo viso. Mi si avvicina e mi dà un bacio sulla guancia.
‘Mi sa che mi è andata bene a infradiciarmi così.’ Arrossisco violentemente, non tanto per il suo gesto o il suo complimento, quanto per il brivido che il contatto con le sue labbra mi ha provocato.
‘Vieni, andiamo di là’, le dico guidandola verso il salotto. Prepariamo insieme una tavola in cui disponiamo le frittelle, il pane, la marmellata, il latte e il caffè.
‘Sì, sì’ Ribadisce lei ‘Mi è andata proprio bene!’.
Non so come faccia, ma riesce a essere sensuale anche mentre mangia, anche mentre sta zitta. I suoi capelli si stanno asciugando all’aria calda della casa e riacquistando la loro consueta morbidezza, la mia maglietta le fascia il seno che intravedo sotto la stoffa leggera e il pensiero che non indossi gli slip mi azzera la fame. Sento il desiderio annidarsi dentro di me e salire sempre più prepotente.
La ascolto mentre riempie di chiacchiere il mio salotto, con quella disinvoltura delle persone che hanno sempre argomenti di conversazione e che riescono a rendersi interessanti anche parlando della tintoria sotto casa.
Mi riferisce qualche pettegolezzo su qualche amica comune, mentre si nutre con le dita delle mie frittelle, mentre spezzetta il pane e lo cosparge di marmellata, mentre sorseggia il caffè e si alza per farne un altro.
Doveva fare l’attrice, penso dentro di me: ha quella capacità innata di calamitare subito l’attenzione, la guarderei per ore. Torna dalla cucina con un nuovo caffè in mano e sembra accorgersi, per la prima volta, del mio piatto vuoto.
‘Cos’è, non hai fame?’ Mormora con una carezza sensuale nella voce. Sento la sua mano appoggiarsi tra la spalla e il collo. Può sembrare un gesto innocente, ma so che non lo è.
‘No.’ Rispondo con un filo di voce. Sposto il viso finché le mie labbra non raggiungono il palmo della sua mano e premo la bocca contro la sua pelle. Lei infila l’altra mano nei miei capelli e si china verso di me: quando le nostre labbra si uniscono in un bacio lento e morbidissimo, mi sembra la cosa più naturale di questo mondo. Giulia è seminuda a casa mia, ci stiamo baciando e sono le 11 di un sabato mattina di ottobre. E tutto questo è normale.
Lei si stacca da me, adesso i suoi capezzoli sono di nuovo turgidi sotto il cotone leggero della maglietta e io non resisto più. La invito a sedersi su di me, le infilo le mani sotto la maglietta. La sua pelle è di una morbidezza che mi sconvolge, scivolo sulle sue curve, mentre sento le sue mani accarezzarmi il viso, le sue dita infilarsi nel nostro bacio.
Gioco con i suoi capezzoli, e lei si spinge contro il mio bacino, poi le sollevo la maglietta e gliela tolgo. I suoi capelli, elettrizzati da quel gesto, creano un’aureola improvvisa che le conferisce un’aria buffa. Scoppiamo a ridere tutte e due. È sensuale anche quando è buffa.
Prendo i suoi capezzoli in bocca, ma è un altro il pensiero che mi assilla da quando è uscita dal bagno con addosso la mia tuta: l’idea che sotto quella stoffa morbida non indossi nulla. Faccio scivolare le mie mani oltre l’elastico dei pantaloni, sulla carne calda del suo sedere.
La invito ad alzarsi. Lei si appoggia al bordo del tavolino, con un’espressione di indicibile lussuria negli occhi. Aggancio le dita all’elastico dei suoi pantaloni e, lentissimamente, li faccio scendere. Chiudo gli occhi: la visione del suo corpo è troppo eccitante, voglio abbandonarmi ai miei sensi più istintivi, prendere le cose con calma.
Appoggio la bocca alla pelle del suo ventre, riconoscendo l’odore del mio bagnoschiuma. Disegno una scia di baci leggerissimi, che segue un linea invisibile che attraversa il suo corpo, da fianco a fianco. Giulia fa un sospiro lungo e stringe le dita tra i miei capelli. Scendo lentamente ma inesorabilmente verso il basso. Sento la sua pelle cambiare consistenza, mi abbasso ancora di più, fino ad appoggiare le labbra sul suo sesso, Giulia si lascia sfuggire un gemito di piacere, per un istante mi allontana la testa dal suo corpo. Apro gli occhi per capire la sue intenzioni e la vedo farsi spazio sul tavolo e poi sollevarsi per sdraiarsi, nuda, davanti a me: come una pietanza sopraffina, un banchetto che si offre al mio palato e alla mia vista. Appoggio di nuovo le mie labbra su di lei e inizio a stuzzicarla, lentamente, leggermente. Lei, all’inizio, si limita a sospirare profondamente. Vorrebbe muoversi, ma con le mani la tengo stretta. Continuo, imperterrita, con lo stesso tocco leggero. Lei si lascia sfuggire un primo gemito, poi un altro, poi inizia a gemere regolarmente, a respirare pesante. Mi prega, con voce supplichevole, di farla godere, ma io continuo come ho cominciato. Ogni tanto mi interrompo (e il suo corpo sussulta, ogni volta che mi stacco da lei) per dirle quanto è stata impudente a presentarsi a casa mia, tutta bagnata, a indossare i miei vestiti senza biancheria… e ogni volta che riappoggio le mie labbra su di lei, lei sussulta ancora più violentemente e mi implora di più.
Il suo corpo inizia a tremare sotto le mie labbra, ma non cambia niente per me, continuo con i miei baci leggeri, finché non arrivano le convulsioni del piacere a scuoterla tutta, a strozzarle la voce in gola. È un orgasmo che sembra non finire mai, il suo. Ne sento gli spasimi, con la faccia immersa nel suo grembo.
Restiamo così per un po’, lei sdraiata sul tavolo, io seduta di fronte a lei, con la testa sul suo grembo. Forse ci assopiamo anche.
Poi lei si riscuote, si solleva: ha gli occhi pieni di desiderio. Mi prende il viso e lo porta all’altezza del suo.
‘Il mio turno, adesso’ dice, con un sorriso, mentre mi bacia le labbra salate.