Come molte cose belle, anche ‘Il patto’, la serie di racconti di Inachis Io, è arrivata alla fine. Se sei arrivato qui per caso, clicca qui per leggere la storia dall’inizio. Se hai seguito con trepidazione tutti gli episodi e ti sei appassionato allo stile di Inachis Io, sappi che ci ha promesso nuove storie.
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7. Avrai la tua ricompensa
L’avevo visto in foto.
Conoscevo i tuoi gusti, e come lo accarezzi, e cosa ti piace che gli si faccia. Ma sentire la tua carne premere sulla mia bocca, sprofondare tra le mie labbra è un’emozione che non mi aspettavo.
Ha il gusto dei tuoi baci, solo più selvatico. Lo assaporo come se fosse un’oasi nel deserto e avesse il potere di estinguere la mia sete. Non è solo da stasera, che lo aspettavo.
È da quando ti ho conosciuto che desideravo averti dentro di me. Accettare di non incontrarti è stata la fatica più grande. E ora ti bacio, ti succhio, ti ingoio, ti avvolgo, ti esploro. Nel salottino è calato il silenzio, solo i tuoi gemiti e i miei riempiono l’aria.
Ti sento fremere, con le mani ti tieni al divanetto. Di Sonia e Luca ho perso le tracce, li immagino coinvolti e intenti più o meno a fare le stesse cose. Ma non saranno mai “le stesse”.
Questo è il momento che aspetto da mesi, è davvero la mia ricompensa, la nostra ricompensa per aver giocato fino in fondo il nostro gioco, per non esserci accontentati di qualcosa di meno e per essere stati capaci di resistere alle curiosità. E adesso che ti ho nella mia bocca non ho nessuna intenzione di lasciarti sfuggire.
Ti contorci, mi frughi con le mani in ogni spazio, ti aggrappi a me come se stessi per affogare.
Poi con violenza mi stringi la nuca. In un primo momento penso che sia per spingermi la testa più giù e farmi affondare nel tuo desiderio e la mia eccitazione cresce, ma poi capisco le tue intenzioni.
E no, non te lo lascio fare.
Ho sentito le tue dita stringere la benda. Ma adesso ho io il potere in mano (in bocca, dovrei dire), io le chiavi nel cruscotto, io il sedile del guidatore. Il gioco si ribalta. E decido io quando vederti.
Devo creare un diversivo per dirottare le tue intenzioni. Senza smettere di accarezzarti con la mano, comincio a sondare a tentoni con l’altra l’oscurità del separé. Sento i corpi di Sonia e di Luca avvinghiati. Lei ha la pelle liscia e sudata, atterro su una coscia e la risalgo lungo la curva della natica, poi piego a livello dell’anca e incontro i capelli arruffati di Luca. Seguo allora la pancia della ragazza, piegata quasi a novanta gradi. So dove trovare la sua testa, starà ricambiando il favore al fidanzato. Le afferro i capelli sulla nuca e la obbligo a mollare la presa. La bacio ma prima che possa prendere gusto al nostro secondo bacio, la guido verso di te.
Tu sembri sorpreso. Mi affianco a Sonia e dai suoni che sento capisco che apprezzi il doppio gioco che ti stiamo servendo. Luca, spiazzato dagli eventi, prosegue imperterrito nella sua opera. Lo capisco da come i movimenti della testa di Sonia ogni tanto sembrano perdere un colpo. Si ferma tremante, lancia un gemito, deglutisce, prende fiato e ritorna su di te.
Ora i corpi si mischiano come inchiostri di diversi colori. L’oscurità della mia benda non è probabilmente molto diversa da quella che provate voi nel salottino. Nessuno è più in grado di stabilire confini, nessuno è proprietà privata. Siamo fusione e passione. Magma fluido e bollente. Scivoliamo sudati sui corpi gli uni degli altri, senza pudore e senza pensieri che non siano seguire l’istinto. Quattro animali in gabbia che obbediscono alla natura. Forse questa è la forma più alta di libertà, l’obbedienza totale.
Quanto siamo andati avanti?
Dimmi, hai avuto cognizione del tempo che scorreva?
Hai forse contato gli orgasmi?
Troppi, i miei, per tenerne il conto. Dei tuoi ricordo il primo, pulsante, nella mia bocca. Ho aggiunto il sapore del tuo piacere ai mille dettagli che oggi ho scoperto per la prima volta. Poi ho perso anche il conto dei tuoi. Non saprei dire né per chi, né dove sono avvenuti. Ricordo il momento in cui Sonia e Luca, intimi estranei, sono tornati dentro i loro confini.
– Noi andiamo -, ha comunicato lei, spossata.
– È stato bello, magari capita di ritrovarsi -, ha aggiunto lui, educato.
La banalità delle frasi fatte in un momento così mi ha colpito come uno schiaffo. Ho preferito tacere e salutare Sonia con un bacio profondo e intenso.
Forse domani li avremo dimenticati, ma quello che non dimenticherò certo all’alba sarà quello che è successo subito dopo.
Nudi, incuranti di dove avessimo lasciato i vestiti e dello stato di disordine dei nostri corpi, siamo scivolati sulla pista. Ho cercato di intuire dove fosse il centro e ho ballato per te sentendomi leggera e felice. Per un attimo ho dimenticato tutto, la mia vita si è concentrata in un solo punto microscopico, Roma è diventata l’area su cui appoggio i miei piedi, il passato si è fuso nel presente di questo istante.
Il dj ha proposto un lento, come se ci avesse letto nel pensiero. Ti ho abbracciato stretto, poi ti ho preso le mani e le ho appoggiate sul nodo della benda. Lo hai sciolto maldestramente; non riuscendo a slegarla del tutto, l’hai sfilata da sopra il capo.
Ho fatto fatica ad aprire gli occhi, anche la luce della discoteca era violenta per le mie pupille incarcerate per tutta la notte. Ho sbattuto un paio di volte le palpebre e poi ho cercato di metterti a fuoco.
Sei molto meno affascinante di come ti ho immaginato, ma non te lo dico. E tu mi troverai sfatta e con il trucco slavato. Devo essere un mostro. Ma questo non conta.
Quello che conta davvero è che lo abbiamo fatto, è aver preso sul serio il gioco. Solo adesso posso guardare dentro le mie ferite, la mia vita che a volte mi sembra un incidente stradale, una collisione di treni merci. Avevo bisogno del medico, di qualcuno con cui andare a fondo, che condividesse i miei demoni e le mie fantasie senza fare domande, senza volermi salvare né giudicare. Ho chiuso gli occhi, mi sono buttata nel pozzo del tuo desiderio.
La mia vita non è cambiata magicamente, non mi hai evitato il dolore. Ma dentro di me, spesso invisibile, ho conservato una grotta nascosta, una riserva di ossigeno che mi ha permesso di non morire.
È stato solo un gioco, forse stupido, ma ha alimentato la speranza.
Domani, che purtroppo è già oggi, tornerò a casa, troverò Ettore e la vita di sempre. Sembrerò diversa e non saprà il perché.
Questo è il mio segreto, e te lo affido in questa notte che ormai è finita, come la musica che ha battuto le ultime note.
– Tu guidi -, mi dici rendendomi le chiavi. – Ma le mutande le tengo io.
Il locale è semi deserto. Deve essere quasi mattina.
Vorrei guardare l’orologio ma so già che segna le 6:59.
Fine
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