Ha lasciato dietro di sé il grigiore della città. Le nubi basse, incombenti, il puzzo dei gas di scarico nell’aria. La coda all’ingresso della metropolitana e il fiato dei colleghi di prima mattina. Il nodo scorsoio della cravatta e la sensazione perenne di sete in fondo alla gola. È bastata una dormita in aereo e una breve corsa tutta buche su un pulmino a catapultarlo in quel luogo di delizie e ancora non riesce a capacitarsi di quello che i soldi possono comprare.
Il caldo umido dell’isola e il rumore instancabile delle pale sul soffitto gli hanno impedito di dormire. La spremuta di frutta a colazione gli ha bruciato la bocca dello stomaco. Si è osservato allo specchio la rotondità un po’ molliccia della pancia e ha deciso di indossare una camicia sopra il costume. Ha passato la prima mezz’ora a leggere le email di lavoro, poi si è addormentato con il telefono in mano, il cappello sulla faccia e un braccio a penzoloni. Quando si è svegliato si è trovato con una scottatura a forma di camicia sulla pancia che già sembra meno molliccia.
È stato allora che l’ha visto. È sdraiato direttamente sulla sabbia, in una posa forse un po’ esibizionista, con le braccia allargate e una gamba ripiegata. La sua faccia è nascosta da un cappello di paglia di quelli che vedi nelle pubblicità delle creme solari, con i bordi un po’ sfrangiati. Una mano accarezza pigramente la sabbia bianca, per il resto sta immobile a farsi baciare dal sole. Chissà quale viso si nasconde sotto quel cappello, si domanda lui mentre prova a immergersi nella lettura ma in realtà pensa a quanto ridicola potrà sembrare la sua abbronzatura a forma di V sulla pancia. Forse dovrebbe togliersi la camicia e permettere alla sua pelle troppo bianca di rosolarsi uniformemente sotto il sole troppo forte. Ma, saggiamente, decide di spostarsi all’ombra. Il sonno lo coglie di nuovo, improvviso e ineluttabile. Quando si risveglia, la luce del sole si è fatta più obliqua e rosata, e dell’uomo disteso sotto il cappello non c’è più traccia. Non può nascondere il suo disappunto, ma il senso di riposo lo riempie di una sorta di euforia e il disappunto non dura.
Nemmeno il rossore a forma di V che osserva sul suo petto riesce a infastidirlo. Si prepara con cura, perché la visione di quella mattina non l’ha abbandonato ed è curioso di cercare il volto sconosciuto tra gli ospiti del resort. Ma né quella sera a cena, né la mattina seguente in spiaggia riesce a riconoscerlo. Nessun volto, tra le persone che incontra, può appartenere al meraviglioso sconosciuto pigramente abbandonato sulla sabbia calda. Deve aspettare il terzo giorno, quando ormai la scottatura ridicola è quasi sparita, quando anche la pancia ha assunto una consistenza decisamente più tonica, per avere la visione dei suoi sogni. È da poco arrivato in spiaggia e sta quasi per abbandonarsi al sonno che puntualmente lo coglie, quando un movimento cattura la sua attenzione. Un giovane uomo sta uscendo dall’acqua con movenze feline, come in un film di James Bond, e gli ci vuole un attimo per capire, anche così a distanza, che si tratta del ‘suo’ uomo. È troppo lontano per cogliere i dettagli del viso, ma gli sembra una creatura di estrema bellezza. Come il primo giorno, si butta sulla sabbia, senza asciugamano, senza niente se non la propria prepotente bellezza e si abbandona ai raggi del sole per farsi asciugare.
Lui è colto dal desiderio di accarezzarlo, di osservare da vicino la sua pelle che sicuramente profuma di sole e di sale. Senza pensarci si alza e si dirige verso il mare, ma poi a metà strada viene colto dal timore di sentirsi ridicolo. Decide di spingersi fino all’acqua, come per saggiarne la temperatura. Quando si gira per tornare indietro, lo sconosciuto è sollevato sui gomiti e per un attimo i loro sguardi si incrociano. Ha occhi nerissimi, liquidi come mercurio e una bocca disegnata col pennello. Lui sente le gambe farsi molli sotto quello sguardo, i piedi affondare nella spiaggia come dentro sabbie mobili, l’andatura rallentare. Il ragazzo gli fa un sorriso e tanto gli basta per lasciarsi scivolare a sedere di fianco a lui con la domanda più banale che gli passi per la testa.
‘Di dove sei?’.
È un’abitante dell’isola, ovviamente, risponde con la sua voce musicale. Viene a fare il bagno lì perché il resort si è preso la spiaggia più bella (c’è una nota di polemica nella sua voce pur così musicale, nei suoi modi pur così dolci) e perché gli piace incontrare gente diversa, da tutto il mondo. Lui lo ascolta senza sentirlo, segue la melodia delle sue parole, il percorso dei suoi sguardi, i movimenti delle sue mani sulla sabbia, le sue parole non lo intrigano, ma i suoi occhi, oh i suoi occhi! Il ragazzo gli rivolge alcune domande, scoprono di non essere poi così diversi, hanno più o meno la stessa età, anche se lui sembra dieci anni più vecchio, hanno entrambi un lavoro di ufficio, anche se il suo è sicuramente più prestigioso. Quelle similitudini li fanno ridere perché in realtà più diversi di così non potrebbero sembrare, dicono mentre accostano le mani sulla sabbia: squadrata quella di lui e bianca, nonostante l’abbronzatura, scura e delicata quella del ragazzo. Si sfiorano impercettibilmente e lui si sente eccitare come quando era adolescente e tutto era ancora nuovo. E ancora più nuovo per lui.
Si scambiano un invito a cena, è lui a proporlo ma è il ragazzo a definirlo: lo passerà a prendere e lo porterà a mangiare fuori dal resort, dove c’è la vita vera e il cibo buono. E lui quasi non ci crede quando lo vede arrivare, puntuale, all’ingresso del resort su un motorino senza casco. E deve stare attento a non appoggiarsi al suo corpo per non fargli sentire il desiderio che da quella mattina, da quando le loro mani si sono sfiorate attraverso la sabbia, non l’ha abbandonato un istante. Ma al ritorno, dopo che hanno mangiato il pesce con le mani, seduti su banchetti di plastica in mezzo al marciapiede, dopo che hanno bevuto una birra e poi un’altra e un’altra ancora, dopo che si sono raccontati come le loro vite sono diverse ma alla fine così uguali, lui si dice che non gli importa, anzi che lo vuole, e si abbandona contro il suo corpo possente e caldo con tutto se stesso, mentre il motorino arranca sotto il loro peso sulle strade tortuose dell’isola. E quando si salutano all’ingresso del resort come se fossero sulla porta di casa dei genitori, è con la trepidazione di un quindicenne che gli chiede se vuole venire dentro il bungalow con lui. Ma il ragazzo dice no, dice che vuole fare l’amore all’aperto, come le creature dell’isola.
E lo prende per mano e lo guida tra gli alberi e dentro i profumi. E lui si sente invadere da quella felicità ignara di quando hai quindici anni e l’estate è appena iniziata.