Compromesso – Racconto erotico

Ti avevamo promesso il prosieguo di Faro nella notte, eccolo qua, dalla penna dolcemente sensuale di Blondemind.

Nella vita ci sono sempre dei compromessi da sottoscrivere.

Questo però aveva il sapore inebriante delle prime mattine di primavera, dove l’aria frizzante racconta che presto ci sarà l’estate, dove il profumo di nuova vita ubriaca a tal punto da rendere tutto possibile.
“Casa” era ufficialmente di Agata e Pablo. A convincerli era bastato un pomeriggio senza aspettative. Per la prima volta non avevano dato spazio ai progetti, alle responsabilità, al lavoro, ai ma e ai perché. A guidarli solo la pancia. Una follia? Non secondo Erasmo Da Rotterdam.

Si erano presi del tempo per avere un ordinato caos. Del tempo dovuto alle loro vite passate, al loro essere presente, al non conoscere il futuro.

Complici le innovazioni tecnologiche e la grande fortuna di avere due lavori “moderni”, plasmabili sulla persona e non sui luoghi fisici, i nuovi abitanti di “Casa” avevano deciso di trasferire le loro sedi di lavoro fronte mare. Il modo di far filare le cose lo avrebbero trovato, con calma, con il loro metodo: impreciso, illogico, perfetto per contenerli.

Pablo che di latino aveva solo il nome (fortemente voluto da sua madre che, durante i suoi studi all’Accademia delle Belle Arti, del più famoso pittore ne aveva fatto il suo uomo ideale sognando una fuga in Provenza per esserne la musa ispiratrice) aveva ridotto al minimo le sue consulenze finanziarie per diventare Capitano.
Con un poco di sforzi e un paio di bordate alla Borsa aveva battezzato con una preziosa bottiglia di prosecco ghiacciata Pauline, 15 metri di felicità.
Pauline, l’unica che poteva mettersi tra Agata e Pablo con il suo scafo longilineo e le vele color petrolio.

Agata di suo, che cento ne pensava e mille ne faceva, impossibilitata a stare con le mani in mano, un domenica di maggio aveva trovato il suo spazio alla locanda, gestita dall’anziana Marta.

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Il primo vero sole aveva convinto i turisti a ripopolare le coste, Marta a riaprire la terrazza e Pablo a riprendere i viaggi con Pauline e un gruppo di turisti tedeschi.

Agata di suo, quando lui era per mare  nel giorno del Signore, soleva mangiare alla locanda. Come in un rito tantrico, arrivava alle 12.30 in sella alla sua vecchia Moto Guzzi, ordinava un bicchiere di bianco fruttato al banco e fino alle 13 faceva conversazione con Marta.

All’ora del pasto si spostava nel piccolo tavolino nell’angolo a sinistra della sala da pranzo, posava un plico di lettere sulla tovaglia a quadrettoni rossi.

Avevano iniziato a scriversi lettere d’amore da prima di conoscersi, da prima di sapere che non si sarebbero lasciati mai. Almeno una a settimana, era diventata la regola, da lasciare negli angoli nascosti della casa di lei o lui.

Piccole sorprese, coccole per l’anima per non dimenticare mai di essere come all’inizio, se lo erano promesso. Ora che il tetto era diventato lo stesso, le lettere trovavano rifugio negli angoli più disparati di “Casa”. Tra le lenzuola, che venivano cambiate ogni sabato mattina, dentro il portavivande in acciaio del nonno in cui mettevano il caffè, tra i pizzi di lei o nella cassetta degli attrezzi di lui.

Ogni volta che Pablo partiva per un viaggio però, le lettere venivano messe sotto il cuscino sinistro della cabina padronale di Pauline, accompagnate dalle mutandine che la sera prima erano state sfilate in quello stesso letto.

Agata voleva ribadire a Pauline che avevano il permesso di partire, ma che l’unico odore, l’unico sapore, l’unica da cui sarebbe sempre tornato era sempre e solo lei. Pablo era un uomo libero, erano il suo cuore e il suo cervello a essere impegnati.

Quel giorno il manicaretto tardava e così Agata prese a leggere le lettere di Pablo, in attesa di nuove parole ben sigillate in carta da lettere profumata d’ambra. Tardavano, ma era solo perché il mare ha le sue regole e i suoi tempi, lei poteva solo aspettare.
Le lunghe mani laccate di rosso delinearono con delicatezza i bordi della busta come se accarezzasse quelli del suo amato, la aprì con ardore e malizia come quando le sua gambe scivolavano sulle lenzuola bianche per aspettare l’arrivo di lui.
Sospirò iniziando a leggere:

“Premesso che sei mia, premesso che sono tuo, mi manchi. Sappi che tornerò”.

Ogni volta il medesimo incipit, ogni volta le stesse palpitazioni nel rileggere quelle parole, quasi Agata temesse che un giorno, per qualche inspiegabile storia, Pablo le potesse dire il contrario.

“Sono ormai tre giorni che non sei con me, la compagnia è buona come anche la navigazione. Con Hans e sua moglie abbiamo trovato la sintonia giusta. La sera ci ritroviamo a bere il liquore alla salvia che hai preparato. Ne vanno matti, ti prego di tenerne da parte un paio di bottiglie, voglio che tornino a casa col sapore di questa vacanza.

A proposito di sapori… Quando ho trovato la tua lettera e le tue mutandine non ho potuto far altro che godere.

Era quasi mezzanotte, il mare calmo come un olio e i nostri ospiti stesi da una bottiglia di Pecorino di troppo. Sono perfette, come il momento in cui te le ho tolte. Pizzo rosa, quasi da bambina. Monella aggiungerei. Le ho strette in pugno, portate al naso e mi sono inebriato di te. Sono salito sul ponte e mi sono messo comodo davanti al timone. Sai quanto amo navigare, solo, durante la notte.

Mi sono spogliato e ho riassaporato il tuo odore. Mi è diventato subito duro all’idea di te nuda, sopra di me, con la luna a baciarti la figa. L’ho preso in mano e ho iniziato a muovere la mano libera su e giù, dapprima delicatamente, poi pensando alla foga con cui ti ho presa, girata sul pozzetto la sera prima di partire, ho dovuto aumentare il ritmo.

Ho pensato al mio cazzo che ti penetrava da dietro, al mio bacino che sferrava colpi sempre più forti per ricordarti che sei mia, alle tue unghie rosse strette al teak, ai tuoi capelli sciolti sulla schiena. L’immagine delle tue gambe tese e del tuo culo rotondo come la luna, mi hanno mandato fuori di testa. Ho aumentato la pressione e velocità sul mio pene, il fiato si è fatto corto e, mentre un grido di piacere moriva in gola, uno sperma caldo e denso ha coperto la mia pancia.
L’ho assaggiato come avresti fatto tu. Sapeva di noi. Amore…”

DARE ME PLEASURE SET_BANNER

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