La storia che segue ci è stata inviata da un lettore, Vincenzo C., che ringraziamo moltissimo. Se anche tu vuoi mandarci il tuo racconto, utilizza questo form.
Nelle ultime settimane ci siamo sfiorati, stuzzicati. I nostri occhi si sono cercati mentre giravamo per i tavoli, impegnati a servire la massa di clienti del sabato sera. Non abbiamo mai avuto un momento per noi, un attimo per conoscerci in maniera più approfondita. Ci siamo limitati ai sorrisi e a qualche rara sigaretta nei momenti di pausa.
Non so nulla di lui, se non che fra un mese compierà venticinque anni. Ma non mi basta. Non mi basta sapere che si chiama Marco ed è un moro bellissimo. Voglio sapere se ha una ragazza, se fa bene l’amore e soprattutto che sapore ha la sua bocca.
Finalmente è sabato. Lo ammiro dal bancone del bar, mentre finisco di asciugare gli ultimi bicchieri di cristallo. I suoi passi rimbombano nel silenzio della sala. Si è fatto crescere un velo di barba nera che si abbina perfettamente alla carnagione scura, il mento squadrato, i capelli corti ordinati dalla gelatina e poi quei fianchi, così stretti e armoniosi, celati da un paio di pantaloni neri da lavoro. Lo seguo con lo sguardo, senza perdermi nemmeno un momento. Mentre si allunga sui tavoli per mettere le tovaglie non posso evitare di soffermarmi sui pettorali solidi che, sollecitati da quel gesto, affiorano dalla stoffa morbida della camicia. Sistema lentamente le posate, i bicchieri, controlla che sia tutto in ordine. La sua bellezza è quasi irreale.
Quando i suoi occhi color nocciola si posano su di me sento un brivido lungo la spina dorsale, una scarica di adrenalina. Lo vorrei dentro di me, ora. Forse non succederà mai, forse nemmeno gli interesso. Ma subito mi smentisce, rivolgendomi un sorriso dolce e malizioso, una combinazione che mi manda fuori di testa. Sento le guance avvampare, improvvisamente la temperatura della sala supera i quaranta gradi.
Dopo qualche lungo istante di confusione contraccambio il sorriso, sentendomi come una bambina ammaliata da un uomo più grande, più esperto. Non riuscendo più a reggere il confronto con i suoi meravigliosi occhi abbasso lo sguardo e torno a fare quello per cui sono pagata: poso l’ultimo bicchiere nello scaffale cercando di allontanare strane fantasie sessuali dalla mente.
Lascio il bancone per avviarmi verso il corridoio. Le indicazioni di Mauro, il proprietario, sono state chiare: dopo aver pulito i bicchieri devo controllare quante birre ci sono, e io, da brava cameriera, non me ne sono dimenticata. Prima di lasciare la sala mi volto, dando un’ultima occhiata a Marco. Quando mi accorgo che anche lui è impegnato a fissarmi quasi non riesco a crederci, mi sento così eccitata.
Supero i bagni e svolto a sinistra, entrando nel corridoio. Le pareti sono bianche e scialbe e l’unico rumore che si riesce a percepire è il mormorio della vicina cella frigorifera. Sento una presenza dietro di me, con la coda dell’occhio posso intravedere la stoffa dei pantaloni neri, l’andatura sicura e sensuale. Ma non mi giro, non voglio farlo, a lui piace giocare, figuriamoci a me. Mi fermo di fronte ad una porticina con la targhetta “magazzino”, quindi entro sorridendo fra me e me.
Entro nel ripostiglio, lasciando volontariamente la porta semi aperta, vengo subito travolta da un nauseante odore di chiuso: la stanza è decisamente stretta, avvolta da uno strato di penombra. La lama di luce che penetra dalla porta mi permette comunque di vedere meglio: alla mia sinistra c’è una serie di scaffali contenenti svariati alimenti; al lato opposto, invece, una pila di casse di birra è appoggiata contro il muro. Nonostante la scarsa illuminazione riesco a notare l’intonaco scrostato che sembra voler cadere dalle pareti da un momento all’altro.
Sto per afferrare la prima cassa di birra della fila quando, alle mie spalle, avverto dei passi, il cuore si ferma, il respiro si strozza. Rimango immobile, le mani ferme sul cartone. È lui, è Marco, riconosco il suo profumo nel momento in cui si piazza dietro a me, prendendomi i fianchi in maniera risoluta. E quasi non ci credo.
Mi sposta una ciocca di capelli dalla nuca e poi, come nel migliore dei sogni, sento le sue labbra calde e cedevoli percorrere la linea del mio collo. Chiudo gli occhi assaporando i brividi che man mano affiorano sulla mia pelle. Il solo pensiero di averlo dietro me, pronto a farmi chissà cosa, trasforma i miei capezzoli in due chiodi appuntiti che premono dolcemente contro il tessuto del reggiseno.
Appoggia il suo corpo contro il mio. Il suo sesso è già duro, pronto, vorrei quasi girarmi per baciarlo ma per non rovinare il momento rimango ferma, come una preda in trappola. Decido comunque di sorprenderlo, di accelerare i tempi. Mi sbottono i jeans e tiro giù la zip, dandogli una sorta di consenso, l’autorizzazione a farmi quello che vuole.
Marco mi prende in parola. Afferra i jeans e, con un gesto secco, li fa scendere fino alle ginocchia. Mentre mi tengo appoggiata alla pila di birre sento il suo respiro che si fa più pesante, rumoroso. Anche lui, come me, non vede l’ora di aprire le danze.
Abbassa anche le mutandine, ora sono nuda davanti a lui. Provo imbarazzo, ma cerco di godermi il momento unico. Le sue mani sono sempre sui miei fianchi. Quando inizia a baciarmi cautamente il sedere, percorrendo una strada verso l’interno della coscia, mi sento bagnare come non mai.
‘Finalmente ti sei accorto di me’, gli dico sorridendo maliziosa. Il mio tono è basso, quasi un sussurro.
Lui non risponde, è troppo impegnato a farmi godere. La sua barba inizia a pizzicarmi lì, a pochi passi dalla fonte del mio piacere. Capisco che si sta avvicinando, pochi secondi lo dividono dalla parte del corpo più ambita dagli uomini. D’istinto allargo le gambe, le braccia tese come corde di violino, lo sguardo fisso sul muro.
Le sue mani passano dai fianchi al sedere, ne assaggia la consistenza con i palmi, stringe la presa mandandomi in estasi totale. E poi, finalmente, la sua lingua. La sento guizzare fra le gambe, dentro le grandi labbra, alla disperata ricerca del clitoride. Lecca senza sosta, come un animale assetato mentre io, dopo aver socchiuso gli occhi, mi lascio scappare un gemito che racchiude tutto il mio piacere. Sono sicura di non aver mai goduto così tanto in vita mia. Stringo le mani intorno al cartone di birra, graffiandolo con le unghie.
Nel silenzio della stanza si sente soltanto il suono della sua bocca in mezzo alle mie gambe. Chiunque, passando accanto allo stanzino, rimarrebbe di stucco nel vedere una scena tanto eccitante quanto sconcertante. Marco alterna i movimenti della lingua causandomi brividi continui sulla schiena. Trova il clitoride, ci gioca, poi cambia punto. È una tortura. Vorrei implorarlo di insistere lì, nel punto di maggiore sensibilità ma lui già lo sa, solo che vuole farmi impazzire.
L’orgasmo è in arrivo, lo sento in ogni parte del corpo. Inarco la schiena violentemente, mi spingo contro le sue labbra. Marco mi capisce al volo, sa che ora deve dare il massimo. Aumenta il ritmo colpendo ripetutamente il clitoride con la punta della lingua, quello che ne segue è qualcosa di favoloso: soffoco inutilmente un paio di gemiti, dalle labbra esce una specie di grido strozzato.
‘Ragazzi dove siete?’, urla improvvisamente il proprietario dalla sala in fondo al corridoio.
Mauro mi riporta bruscamente alla realtà. Per un attimo credo di essere in un sogno.
‘Ci vediamo in sala, tra poco inizia il servizio’, mi sussurra Marco nell’orecchio.
Quindi è tutto vero. Veramente è riuscito a farmi toccare il cielo in pochi minuti.
Mi tiro su mutandine e jeans. Rimango qualche istante con lo sguardo basso, dimenticandomi perfino il motivo che mi ha spinto a venire qui. Riprendo fiato, sorrido. Passo una mano fra i capelli cercando di ordinarli.
Non so ancora come fa l’amore, non so se ha una fidanzata, né che sapore abbia la sua bocca, ma una cosa l’ho scoperta: la sa usare divinamente.