Una storia parimenti ironica e sensuale di Karen Moan. La puoi leggere (e ascoltare!) in originale qui.
“Vuoi che ti leghi?”
Sono le 11 di un martedì mattina e mi trovo davanti un uomo inaspettatamente attraente. Ci siamo conosciuti da un’ora e gli sto mostrando il locale. Non pensavo nemmeno di scendere nel dungeon, a che scopo? Comporta dare un sacco di spiegazioni e, sinceramente, non so se la gente le ascolta.
Quando entrano, le loro pupille si dilatano: le corde, gli attrezzi, la luce rossa, la croce… non mi ascoltano più, partono per un viaggio al quale non sono invitata.
Eppure, oggi, un martedì, alle 11 del mattino, quando ancora ho il sapore del caffè della colazione in bocca, quella stessa bocca sputa un:
‘Vuoi che ti leghi?’
Nota esplicativa: non so legare, non sono una dominatrice, non uso il dungeon a scopi privati.
E, tuttavia, queste quattro parole sono uscite da me, dandomi una botta allo stomaco e facendomi palpitare il sesso.
“Meglio di no” risponde timido lui, che ha i capelli rossi, che è passato per il locale in cerca di ambienti per le sue sessioni di fotografia.
Questa volta lo guardo. I miei occhi non hanno l’audacia della mia lingua. Fingo di ridere:
“Non dicevo sul serio. Andiamo di sopra a continuare a parlare.”
Non appena gli volto le spalle:
“Sì, voglio che mi leghi.”
In quel momento succede. Le pareti si restringono, i nostri respiri rimbalzano come un’eco, la testa mi gira, tutto si ferma. Tutto.
Valuto tutto quello che accadrà in… due secondi.
“Va bene.”
Mi dirigo a prendere una maschera.
Ho bisogno che non veda nulla, che non mi veda, che non si renda conto che sto tremando. Non lo legherò, non posso. Ma ho una bellissima croce in legno di faggio con anelli da cui pendono manette di pelle. Nessuno dei due dice nulla, io non riesco, lui non lo so. Non lo conosco.
“Ti coprirò gli occhi.”
“Vuoi che mi tolga la maglietta?”
Sì, sì, lo voglio. Voglio vederlo e annusarlo, capirlo e scoprire qualcosa di lui.
Se la toglie, mostrandomi un petto villoso, anche questo inaspettatamente attraente. Mi gira di nuovo la testa quando mi avvicino alle sue braccia per sollevarle verso la croce. Annuso, annuso, assaporo il corpo di questa persona che ha deciso di abbandonarsi a questa situazione per niente convenzionale.
All’improvviso ne sono consapevole. Di cosa significa rinunciare alla propria volontà, della mancanza di paura o di buon senso. Non mi conosce. Potrei essere una dominatrice sadica che divora fotografi dopo colazione.
In senso figurativo, è quello che voglio fare. Mordere, morderlo. Mangiarmelo. Ha un odore buonissimo. Sa di sé, sa di nulla. Continuo a utilizzare un unico senso, per un lungo momento, e continua a girarmi la testa, ovviamente. Respiro sopra di lui, sto andando male, malissimo. Non voglio fare nulla, o forse non so cosa fare.
“Puoi mettermi il sesso dritto?”
È un tipo di poche parole, ma ogni volta che parla…
Significa slacciargli la cintura, aprire i pantaloni e toccarlo. Prendere il suo sesso gonfio e bello per metterlo dritto. Un sesso caldo come me. Non penso più, ho perso ogni capacità.
La mia mano si attarda un momento nei suoi pantaloni. Sento bum, bum, bum. Voglio mangiarmelo, caro sconsiderato fotografo, voglio mangiarti.
Martedì, 11.30 del mattino, ho voglia di una colazione abbondante.