Questa storia è stata scritta da un nostro lettore, Francesco Degli Esposti, che ringraziamo moltissimo.
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Era stanca, stufa di fare quello stupido lavoro al computer.
Guardò l’orologio, era da poco passata la mezzanotte. Sbuffando tornò a concentrarsi sullo schermo, ma per quanto ci provasse non ce la faceva. Era già un nuovo giorno, e lei non se ne era nemmeno accorta.
Annoiata, scorreva con lo zoom sul disegno del progetto che stava preparando per l’esame. Si alzò di scatto dalla sedia, non potendo più sopportare di stare lì davanti. Andò in bagno e aprì il rubinetto, l’acqua era gelida ma non le importava. Si sciacquò la faccia tre o quattro volte, e poi chiuse il rubinetto. Rimase lì a guardare il proprio riflesso nello specchio, il viso ancora bagnato.
Non ne poteva più di fare quella vita. La mattina in università e il resto della giornata chiusa in casa a studiare fino a notte fonda.
Un’insolita indolenza languiva dentro di lei. Una spossatezza causata dalla prolungata trascuratezza di sé.
Si accorse che stava sudando. Tornò in camera e si rese conto che la sua stanza era un forno così come il salone. Imprecando realizzò che tutti i termosifoni della casa erano bollenti: il termostato della caldaia centralizzata del condominio era impazzito di nuovo e a quell’ora nessuno sarebbe venuto ad aggiustarlo.
Provò a sedersi ancora dietro alla scrivania ma non ce la faceva, aveva troppo caldo. Sbuffando si slacciò le scarpe e si sfilò i calzini. Si tolse la maglia che indossava rimanendo con solo una canottiera grigia chiara aderente.
Si slacciò i jeans attillati e con un unico movimento fluido se li abbassò fino alle caviglie per poi toglierseli e buttarli sul letto.
A piedi nudi andò in cucina a bere un bicchiere d’acqua.
Tornando indietro si fermò un momento davanti allo specchio nell’ingresso. Studiò meglio la sua immagine, era come se non si vedesse da tempo. Fece un giro su se stessa continuando a guardare il proprio corpo magro e tonico. Era una bella ragazza in fondo. Avrebbe scommesso che qualsiasi uomo si sarebbe eccitato a vederla così.
Anche senza reggiseno la sua seconda misura faceva la sua figura, la canottiera era un po’ corta e le copriva a malapena l’ombelico. Si stupì vedendo la biancheria che indossava: si era completamente dimenticata di aver messo quel tanga quella mattina.
Se lo era regalato qualche tempo prima. Un bel perizoma di pizzo bianco, con una rosa ricamata, anch’essa bianca, sul lato sinistro del tessuto, e al centro del fiore un piccolo brillante. La stoffa si divideva in due fili sottili sui fianchi per poi riunirsi nella parte posteriore.
Si girò di nuovo seguendo con lo sguardo i fili lungo il suo culetto ancora tonico e sodo nonostante avesse smesso di fare pallavolo da un paio d’anni. Sì le piaceva proprio. Non ricordava per quale ragione avesse scelto proprio quello e non un normalissimo paio di slip.
No, lo sapeva perché… Fece una smorfia. Avrebbe dovuto essere fuori a quell’ora a divertirsi, o con un ragazzo… Già, un ragazzo… Si erano lasciati da qualche mese ed era da allora che non faceva sesso. Ma moriva dalla voglia.
A quel semplice pensiero le venne la pelle d’oca e sentì i capezzoli inturgidirsi e fare pressione contro il tessuto della canottiera. Rimase un attimo allibita a questa sua reazione, non pensava di essere messa così male.
Un squillo dall’altra stanza la riportò alla realtà. Prese il cellulare e rispose al messaggio della sua compagna che, come lei, era rimasta sveglia fino a tardi a completare il lavoro.
Si sedette nuovamente ma ormai la sua concentrazione era sparita. La sua mente era altrove.
Sentiva uno strano calore invaderle il ventre. Sentì i capezzoli inturgidirsi un’altra volta. Lo sguardo le cadde sul letto e pensò a quante volte aveva fatto l’amore lì sopra…
Istintivamente prese a mordersi il labbro inferiore mentre si accarezzava le cosce sempre più verso l’interno.
Delicatamente cominciò a sfiorare con un dito il tessuto del perizoma.
Bastò quel contatto a farla fremere. Cominciò a massaggiarsi il pube con sempre maggior vigore mentre sentiva che si stava piano piano bagnando. Il movimento della sua mano era sempre più intenso.
Si rese conto che le tende erano aperte ma ormai aveva cominciato e per nulla al mondo si sarebbe fermata. Alla peggio non sarebbe stata l’unica a divertirsi…
Si appoggiò più comodamente allo schienale e chiuse gli occhi lasciandosi andare.
La sedia del computer non era proprio l’ideale, i braccioli la confinavano in uno spazio troppo ristretto. Accavallò una gamba sul bracciolo, il piede nudo penzolante, mentre con le dita scostava il perizoma di lato. Finalmente tornò a massaggiarsi con un lento, metodico, infinito movimento circolare. Indice e anulare strusciavano a contatto con le grandi labbra mentre il medio osava di più sfiorando appena le piccole labbra
Si succhiò un dito e cominciò ad accarezzarsi il clitoride dall’esterno sempre con movimenti circolari, prima con un solo dito e poi aggiunse gli altri. Più lo sentiva inturgidirsi più i movimenti si facevano veloci mentre i primi gemiti le salivano alla gola.
Sentì i propri umori bagnare la sedia ma non le importava. Non resisteva più.
Con l’aiuto dell’altra mano dischiuse le piccole labbra e timidamente cominciò a infilare un dito dentro. Le provocò immediatamente un gemito prima di tirarlo fuori lentamente per poi tornare dentro.
Cominciò piano poi sempre più veloce finché non raggiunse il suo ritmo, fermandosi brevemente solo per massaggiarsi da fuori. Ogni tanto sostituiva l’indice col medio per arrivare più in profondità.
L’altra sua mano cominciò a risalire lungo il ventre, accarezzando il cotone delicato grigio, per poi soffermarsi sul seno. Cominciò a palparselo lentamente, riempiendosene la mano.
Si abbassò l’elastico della canottiera, esponendo il seno, toccandolo con gusto. Aggiunse un dito al primo, cominciando a penetrarsi e godendo sempre di più.
Si sentiva e si stava esplorando in lungo e in largo con movimenti sempre più veloci, spingendo le dita sempre più a fondo. Il suo godimento cresceva sempre più.
Mai nessuno, neanche lui, era riuscito a farla godere quanto le sue stesse dita. Erano uno strumento di sesso senza pari. Avevano accarezzato, erano state leccate e baciate ma davano il meglio di sé solo quando erano dentro di lei, al loro posto, quasi come se si sentissero a casa…
E ora stavano per portarla all’apice per l’ennesima volta. Sentiva il godimento crescere dentro di sé. I suoi gemiti erano sempre più forti. E poi esplose.
Cominciò a tremare tutta, inarcando la schiena, gli occhi al cielo, socchiusi, le gambe irrigidite, la mano bagnata dei suoi umori.
E poi tornò sulla terra. Era ancora ansimante, i muscoli si stavano rilassando, la gamba sul bracciolo tornò a penzolare nuda e lei appoggiò la testa allo schienale con gli occhi chiusi.
Estrasse le dita e se le portò alla bocca, adorava l’odore e il sapore di se stessa.
Dopo un tempo che parve interminabile si rimise seduta bene, e riaccese lo schermo del computer.
Era ora di rimettersi a lavorare…