Sento il suo corpo contro il mio.
È completamente diverso da quello agile e scattante di Filippo. Quando abbraccio Filippo sento l’impalcatura leggera ed elastica delle sue ossa sotto le mie dita. Sento passare i fremiti di piacere come guizzi sotto la sua pelle.
Lui è pesante. Rotondo. La sua pancia prominente preme contro la mia, il suo abbraccio è quasi soffocante. Il suo corpo mi avvolge e mi sovrasta. E tuttavia la sensazione è in qualche modo rassicurante, mi spinge all’abbandono nonostante non abbia ancora ben capito come sia potuta finire in questa situazione e soprattutto che cosa sia, questa situazione.
Quando mi spinge all’indietro mi sbilancia e mi devo aggrappare a lui per non cadere. Lui interpreta il mio gesto come una manifestazione di passione e si eccita ancora di più. Siamo avvinghiati, il mio equilibrio è salvo, lui continua a spingermi finché le mie gambe non incontrano un ostacolo. La poltrona, riesco a pensare in un attimo di lucidità e mi ci lascio cadere sopra. L’abbraccio che mi accoglie e il leggero odore di cuoio mi danno ragione e mi rilasso un poco.
Abbandono la testa all’indietro e lo guardo tra le ciglia socchiuse. Ha la camicia fuori dai pantaloni e i capelli scomposti in una zazzera che sembrerebbe comica in un’altra situazione. Mi guarda ansimando. Per il resto è immobile. Come incapace di capire, di pensare, di prendere una decisione. Poi, lentamente, lo vedo inginocchiarsi davanti a me, un po’ goffo. Io chiudo gli occhi, per non rovinare tutto, per non cedere alla parte infantile ed esteta di me che, nel retro del mio cervello, è ammutolita per lo stupore all’idea che possa fare sesso con un uomo così… così diversamente bello dai miei canoni estetici.
C’è un attimo di sospensione, un istante solo, lo sento, lo percepisco. Come se lui trattenesse il respiro. Come se decidesse cosa fare, da dove partire.
Poi sento la gonna sollevarsi. Un’ondata di piacere mi invade mentre già pregusto quello che verrà. Mi afferra le ginocchia e mi tira a sé, brusco. Io scivolo in avanti sulla poltrona e la gonna sale. Un gesto fluido e lo sento sfilarmi gli slip; con un riflesso inconscio, o forse un po’ malizioso, stringo le ginocchia l’una contro l’altra. Lui me le separa finché può. Finché non arrivo a toccare i braccioli della poltrona con entrambe le cosce.
Un’altra pausa.
“Guardami” la sua voce è imperiosa. Faccio un verso, come di bambina disubbidiente. Lui mi scuote “Guardami!” ripete con forza. Un sorriso mi separa le labbra e lentamente apro gli occhi. Sono sdraiata sulla poltrona, lui è inginocchiato tra le mie gambe aperte. A un attimo di distanza dal mio sesso. Il desiderio gli scurisce gli occhi. “Guardati…” aggiunge con una specie di rantolo. Appoggia le mani sulle mie cosce e io richiudo gli occhi, pronta a immergermi nella voluttà.
Non sento nulla, per un po’ non sento nulla. Se non il calore delle sue mani sulle mie gambe e il freddo della stanza, che man mano che la mia eccitazione scema si fa più evidente. Ma non voglio aprire gli occhi. E immagino che lui sia lì a studiarmi. Come un nemico da attaccare, stia scegliendo la migliore tattica per espugnarmi. Poi sento un soffio caldo sul mio sesso e capisco che la sua bocca è a un millimetro da me. La percepisco anche se non mi tocca. Mi manda piuttosto folate di calore. Poi un bacio umido mi raggiunge sulla pelle nuda delle gambe. “Fuochino” vorrei dirgli. Ci sei quasi, ma non ci sei ancora. Un altro bacio, con tutte le labbra, lento e trascinato. Sempre abbastanza vicino ma non troppo. La mia eccitazione è ritornata in un nanosecondo al suo apice, la stanza è di nuovo calda, per non dire torrida.
Mi muovo verso la sua bocca con un gemito di disappunto, “Shhh!” è la sua risposta maligna. E mentre dice Shhh sento di nuovo il suo fiato colpirmi proprio lì. Lì dove vorrei le sue labbra tumide e umide e calde. Gemo di piacere. Anche se non vorrei. E lui sembra aver capito il gioco e mi zittisce ancora. Provo a inarcarmi di nuovo, a coglierlo in fallo, ma le sue mani mi immobilizzano. Poi la sua bocca scivola sulla mia coscia, ancora più lontana da dove la vorrei. Un altro gemito di disappunto, un altro soffio caldo. Spingo le gambe contro i braccioli della poltrona per aprirmi il più possibile, per ricevere in pieno quel soffio magico. Lui ride e anche il suo riso mi manda un’altra folata calda. Sento l’eccitazione sfuggirmi di mano, sento il mio corpo iniziare a fremere fuori controllo. E finalmente lui arriva: tocca la punta gonfia del mio sesso un attimo solo, con un dito solo, “Vieni così’” ordina.
E la sua voce è la miccia che scatena il mio piacere.